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Storia delle Istituzioni giudiziarie della Puglia in età moderna

Giuseppe Bonaparte fa il suo ingresso a Napoli il 15 febbraio 1806, dopo che per la seconda volta Ferdinando IV si era dato alla fuga, e si fa incoronare Re di Napoli e di Sicilia.
La Puglia, parte del regno, si predispone ad accogliere le trasformazioni volute dalla legislazione francese. Trasformazioni che toccano tutti i campi, ad incominciare da quello sociale ed economico, con l’abolizione del feudalesimo, a quello del riassetto amministrativo, con la riforma elettorale e il decentramento, a quello delle istituzioni giudiziarie.

I napoleonidi siedono sul trono per due periodi: Giuseppe dal marzo 1806 a luglio 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 all’ottobre 1815.
Due periodi di grande importanza storica durante i quali furono tracciate le linee maestre di uno sviluppo in termini moderni della organizzazione dello Stato.
Nel campo giudiziario vi fu una vera e propria rivoluzione.
Giuseppe Bonaparte per grazia di Dio Re di Napoli e di Sicilia, Principe francese, grand’Elettore dell’Impero, udito il Consiglio di Stato, pubblicava sul bollettino delle leggi N. 36 del 1808 la legge N. 140 “che contiene l’organizzazione della giustizia”.
La legge in questione prevedeva la istituzione nel regno di quattro Tribunali di Appello.
Ad Altamura veniva assegnato il Tribunale di Appello che comprendeva “La Terra di Bari – Basilicata e Terra di Otranto”.
Il Ministero dell’Interno il 23 settembre 1807 aveva comunicato al Duca di Canzano, Intendente Generale della Provincia di Bari “la volontà del Re che nella città di Trani risieda il Tribunale di prima istanza per la provincia di Bari e nella città di Altamura risieda il Tribunale di Appello per le provincie di Bari, Terra di Otranto e Basilicata”.
La vita di questa istituzione in Altamura durò otto anni, ma la sua inaugurazione dovè subire dei ritardi per la mancanza di una sede idonea.
All’epoca l’edilizia pubblica era pressocchè inesistente, sicchè la decisione di istituire in un luogo invece che in un altro un’attività istituzionale, dipendenva anche dalla disponibilità immediata di idonee strutture immobiliari.
I comuni, pur di non perdere le buone occasioni, si facevano in quattro per predisporre a proprie spese i locali, quali che fossero.
Per Altamura le cronache dell’epoca riferiscono che la prima scelta cadde sul soppresso monastero di S. Teresa.
I lavori furono appaltati e iniziati sotto la direzione dell’Architetto barese Giuseppe Gimma.
Ma di li a poco l’esecuzione della ristrutturazione si fermò per l’esaurimento dei fondi e diverse udienze furono tenute nella casa del magistrato Grimaldi che fu il primo Presidente del Tribunale di Appello di Altamura.
In una delle sentenze di questo Tribunale infatti si legge: “Oggi primo febbraio 1809 in Altamura, alle ore nove precise di Francia, in casa ove abita il signor Presidente per mancanza di comodo nel Locale del Tribunale. Presenti i signori – Grimaldi, Presidente – Acclavio, vice Presidente – Castaldi – Altobelli – Mangoni – Mazzei e De Conciliis, giudici, e li signori De Stefano, Procuratore regio e Coletti, sostituto”.
Si pensò quindi al Monastero di S. Chiara.
Il Re infatti dispose che “le poche religiose che vi abitano passeranno in altri monasteri della Provincia di Terra di Bari”.
“La spesa pei lavori di riduzione del medesimo locale sarà fatta per la quarta parte dal Comune di Altamura e per la rimanente parte da fondi generali”.
Purtuttavia accadde che il Tribunale di Appello di Altamura non trovò sistemazione né nel monastero dei Teresiani, dove nonostante tutto fu inaugurato il 7 gennaio 1809, né in quello delle Clarisse, ma fu il Conte Francesco Viti, Consigliere dell’Intendenza Generale, a risolvere il problema offrendo “il suo palazzo composto di numero 22 stanze ample e comodissime e di una estesa galleria, con la pigione annua di lire 1.672”.

Il Monitore Napoletano del 24 gennaio 1809 così descrisse la cerimonia: “In Altamura la installazione del Tribunale di Appello seguì il giorno 7 con molta pomba.
“Il locale a tal uopo destinato era magnificamente adorno: vi intervennero tutte le autorità civili e militari e gran numero di spettatori. I membri del Tribunale prestarono il loro giuramento in mano dell’Intendente della provincia. Quindi, il Presidente e il Procuratore Regio pronunciarono dei discorsi di circostanza, che furono seguiti da replicate grida di viva il Re Gioacchino Napoleone.
“Nel giorno 15, il Prelato di quella città celebrò con sacra cerimonia l’inaugurazione del Tribunale; dopo una solenne messa, cui assisterono tutti i pubblici funzionari e gran concorso di popolo, monsignore con energico discorso espose che l’opera più grande del genio dell’immortale Napoleone era il suo codice, e che il maggiore beneficio di cui devesi eterna riconoscenza al nostro Sovrano è il dono che ne aveva fatto ai suoi popoli: rilevò gli immensi vantaggi che risulterebbero alle provincie dall’avere ciascuna i suoi particolari Tribunali e ad Altamura specialmente dal diventare la sede di un Tribunale di Appello. Dopo il discorso che produsse la più viva sensazione, fu cantato il Te Deum. La sera la città fu tutta illuminata”.
Al Tribunale fu assegnato un corpo armato di quarantacinque armigeri e dotato di un carcere e Altamura fu dichiarato Comune di prima classe.
Il Codice Napoleone con la legge innanzi citata che organizzava la giustizia, oltre ai Tribunali di Appello, istituì il Giudice di Pace, i Tribunali di prima istanza in ciascun capoluogo di provincia, tranne che in quello di Bari, come vedremo più innanzi, i Tribunali di Commercio – i Tribunali criminali e la Corte di Cassazione con sede in Napoli. Introdusse inoltre l’istituto del divorzio, una novità per le popolazioni di quell’epoca, a stragrande maggioranza cattoliche, di cui purtuttavia molte coppie pugliesi approfittarono.
Divise quindi le giurisdizioni in volontaria e necessaria, la prima esercitata da arbitri, la seconda dagli organi giudiziari.
Prima della promulgazione delle leggi napoleoniche, l’amministrazione della giustizia era affidata alle Regie Udienze, Tribunale Civile e Penale che giudicava in prima istanza e in appello e che aveva sede in ogni provincia.
La Regia Udienza (luogo deputato a udire le cause) era presieduta da un Preside, coadiuvato da un Caporuota (Presidente di Sezione) e da due Uditori (Giudici).
Il Preside era la figura cardine di un sistema centralizzato che, oltre a svolgere funzioni giudiziarie, svolgeva funzioni amministrative ed aveva un forte potere su tutti i settori della città e sui relativi beni. Il Preside inoltre era governatore militare e politico sottoposto unicamente alla Regia Generale Udienza di Napoli.
Operavano anche i Tribunali feudali che avevano giurisdizione nei loro feudi e che spesso entravano in conflitto di competenza con le Regie Udienze.
I Presidi, con la riforma napoleonica, furono sostituiti dagli “Intendenti” con funzioni civili e amministrative: i futuri Prefetti.
La storia di Bari è piuttosto singolare per quanto attiene sia le vicende amministrative che giudiziarie.
Giuseppe Bonaparte con il decreto dell’8 agosto 1806 designò Bari capoluogo di provincia qualificandola così ad essere sede quanto meno di un Tribunale di prima istanza.
Accadde però che, sotto le pressioni della comunità tranese, Gioacchino Murat subentrato a Giuseppe, revocò il 26 settembre stesso anno tale decreto.
Dovè però ripensarci e di fatto lo riconfermò dopo appena quarantadue giorni. Il 27 novembre 1808 Bari potè definitivamente ottenere l’investitura di capoluogo di provincia che ha mantenuto e mantiene ancor oggi.
Tale investitura automaticamente, in base al nuovo ordinamento giudiziario, candidava la città, come si è detto, ad essere sede di Tribunale.
Come sappiamo per il Tribunale di seconda istanza era stata designata Altamura. Il Tribunale di prima istanza invece restò a Trani con grave disappunto e mortificazione per la città di Bari.
Una deputazione barese si recò a Napoli dove “si andava ad umiliare al Sovrano i desideri del Comune”.
Ma lo scippo non fu rimosso.
Anzi, con il ritorno dei Borboni, la situazione peggiorò poiché Ferdinando I preannunciando un nuovo ordinamento giudiziario, istituì a Trani anche il Tribunale di seconda istanza, togliendolo ad Altamura.
Tanto accadeva il 29 maggio 1817.
Da questa data i Tribunali di seconda istanza vennero indicati come Corti di Appello e tale dizione ancor oggi la si può leggere sul frontespizio del palazzo di giustizia di Trani che conserva la dicitura di “Corte di Appello delle Puglie”.
Bari, quindi, per decenni fu solo sede di Giudice di Pace e per oltre un secolo lottò con tutti i mezzi per ottenere la sede della Corte di Appello che arrivò il 2 ottobre 1923.
Il primo Giudice di Pace di Bari fu Domenico Sagarriga Visconti che svolse le sue funzioni “con decenza e pubblica utilità”.
Il nuovo ordinamento giudiziario di Ferdinando I non introdusse modifiche sostanziali alla legislazione francese.
Abolì naturalmente, da fervente cattolico qual era, l’istituzione del divorzio, mentre il Giudice di Pace cambiò nome e si chiamò Conciliatore.
Come accennato, durante tutto il secolo XIX non vi fu civica amministrazione o pubblica istituzione o associazione culturale che non perorasse con istanze o invio di delegazioni, la installazione a Bari di organi giudiziari e in particolare il trasferimento da Trani della Corte di Appello.
Tutte iniziative non coronate da successo.
Solo in occasione della visita a Bari dell’ultimo Re Borbone, Ferdinando II nel 1859, la città potè ottenere il suo Tribunale di Commercio.

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